Perchè gli shock di mercato sono normali
18/11/2025
Tempo di lettura 4 min
18/11/2025
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Quando i mercati scendono, la reazione più comune è sempre la stessa: “Cosa sta succedendo? È normale?”
La verità è che sì, è normale. È normale in un modo che spesso sorprende chi guarda agli investimenti solo nei momenti di turbolenza, ma che diventa evidente quando osserviamo la storia con un po’ di distanza.
I mercati non crescono in linea retta, non lo hanno mai fatto e non lo faranno mai. Crescono per “scatti”, attraversano fasi di stallo, incassano colpi più o meno forti e poi ripartono. Il punto non è evitare gli shock, ma capire che fanno parte del percorso.
Se guardiamo agli ultimi 40 anni di mercato azionario globale, troviamo un pattern molto chiaro:
ogni anno, in media, l’indice MSCI World ha avuto un drawdown massimo tra il –10% e il –15%
un drawdown oltre il –20% si è verificato ogni 5–6 anni
un crollo oltre il –30% è comparso circa una volta per decade
nonostante tutto questo, il rendimento reale di lungo periodo è stato positivo
Questo significa una cosa semplice: la volatilità non è un segnale di allarme, è il prezzo naturale da pagare per ottenere un rendimento superiore rispetto a lasciare i soldi fermi.
Gli shock arrivano per mille motivi diversi: crisi geopolitiche, inflazione inattesa, tassi in rialzo, fallimenti aziendali, bolle che scoppiano. Ma la causa è meno importante della loro natura.
I mercati prezzano continuamente il futuro, e il futuro è incerto.
Ogni volta che cambia la percezione del rischio, i prezzi si muovono di colpo.
Non è inefficienza, non è panico irrazionale:
è il meccanismo di aggiustamento con cui i mercati incorporano nuove informazioni.
Sembra controintuitivo: ogni shock è vissuto come “diverso dai precedenti”.
Eppure, quando guardiamo i dati, vediamo un comportamento costante:
i mercati recuperano, e spesso anche più in fretta di quanto si preveda
il tempo medio di recupero dopo un calo del –10% è di pochi mesi
dopo un crollo del –20/30%, storicamente, il recupero è avvenuto in 1–3 anni
anche dopo eventi estremi (2000–2002, 2008–2009, 2020), il mercato globale ha ritrovato nuovi massimi
Questo non significa che sarà sempre così, ma che lo storno, da solo, non è mai stato un buon motivo per uscire.
Il comportamento umano segue un copione ripetitivo:
ignoriamo il rischio nelle fasi di forte rialzo
lo sovrastimiamo nelle fasi di ribasso
compriamo quando “si sente che va bene”
vendiamo quando “sembra che andrà tutto male”
Ed è proprio questo che porta molti investitori a ottenere rendimenti molto inferiori rispetto a quelli del mercato.
Il drawdown non causa il danno: è la decisione presa durante il drawdown a causarlo.
Un portafoglio può attraversare un –20% senza problemi.
Un investitore che esce dopo un –20% si crea un problema da solo.
Non esiste una strategia che elimina gli shock.
Esiste però una buona strategia che li rende gestibili.
1) Costruisci un portafoglio coerente con il tuo profilo di rischio.
Se un –15% ti fa perdere il sonno, il problema non è il mercato: è l’asset allocation.
2) Accetta che i drawdown sono parte del percorso.
Normalizzarli aiuta a ridurre le reazioni impulsive.
3) Non guardare il portafoglio ogni giorno.
Più frequente è il controllo, più alta è la percezione del rischio.
4) Mantieni un orizzonte coerente con i tuoi obiettivi.
A 10 anni, molti shock diventano semplici oscillazioni all’interno di un trend più ampio.
5) Se serve, automatizza.
Un PAC o un piano di ribilanciamento riducono drasticamente la discrezionalità nei momenti peggiori.
Gli shock non sono segnali che qualcosa si è rotto.
Sono semplicemente una parte del funzionamento dei mercati.
Capirli non serve a prevederli, ma a non esserne sorpresi.
Quando diventano normali, anche il modo di investire cambia: diventa più sereno, più costante e meno dipendente dalle emozioni del momento.