Investimenti sostenibili
15/07/2025
Tempo di lettura 3 min
15/07/2025
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Negli ultimi anni si parla sempre più spesso di finanza sostenibile.
È diventato quasi un passaggio obbligato: se un prodotto finanziario non è “ESG”, sembra automaticamente meno interessante.
Ma cosa c’è davvero dietro questi termini? È possibile investire in modo coerente con i propri valori? E soprattutto: ha senso farlo?
La sigla ESG sta per Environmental, Social e Governance. In teoria, rappresenta l’attenzione di un’azienda verso l’ambiente, le persone e le buone pratiche di gestione.
Il problema è che non esiste una definizione univoca di finanza sostenibile.
Ogni società di gestione applica criteri diversi: alcuni fondi escludono certi settori, altri selezionano solo le aziende “migliori” all’interno di ogni settore.
Il risultato è che due prodotti “ESG” possono essere costruiti in modo completamente diverso. E in certi casi, la differenza con un fondo tradizionale è minima.
Il tema della sostenibilità è importante. Ma proprio per questo rischia di diventare una leva di marketing.
In alcuni casi, il termine “sostenibile” viene usato per attirare l’attenzione, senza reali cambiamenti nel modo di investire. È quello che viene definito “greenwashing”.
Un fondo può chiamarsi “climate transition” e avere in portafoglio aziende legate ai combustibili fossili. Un altro può dichiararsi “socialmente responsabile”, ma investire in realtà sotto accusa per il trattamento dei lavoratori. Succede più spesso di quanto si pensi.
Dipende da cosa cerchi.
Se vuoi che i tuoi investimenti riflettano i tuoi valori, la sostenibilità può avere un ruolo.
È un modo per sentirsi più allineati con le proprie scelte, anche finanziarie. Ma è importante sapere che tipo di approccio si sta seguendo e che impatto ha sulla costruzione del portafoglio.
Se invece ti chiedi se l’ESG porti a rendimenti migliori, la risposta è meno chiara.
Ci sono studi che mostrano risultati positivi nel lungo periodo, ma anche fasi in cui i portafogli sostenibili hanno reso meno. Non è una garanzia, né in un senso né nell’altro.
Un’altra considerazione riguarda la diversificazione.
Limitare l’universo investibile può ridurre le possibilità di costruire un portafoglio davvero ampio ed equilibrato. E questo va tenuto presente, soprattutto in una logica di lungo periodo.
Quando si valuta un investimento sostenibile, può essere utile porsi alcune domande:
Mi interessa avere coerenza tra i miei investimenti e i miei valori personali?
Sono disposto a fare qualche rinuncia (in termini di diversificazione, semplicità o costi) per ottenere un portafoglio più “pulito”?
Ho gli strumenti per distinguere tra vera sostenibilità e semplice etichetta?
Non sono domande banali, e non hanno risposte giuste o sbagliate. Ma aiutano a fare scelte più consapevoli, anche su un tema così delicato.
La finanza sostenibile non è né una trappola né una verità assoluta. È una possibilità. Per alcuni ha senso, per altri meno.
Come sempre, dipende dagli obiettivi, dalla situazione personale e dal tipo di approccio che si vuole seguire.
L’unico errore vero, secondo me, è accettare un’etichetta senza approfondire.
Un investimento “verde” può avere senso. Ma solo se sappiamo cosa c’è dentro, come funziona, e se è davvero coerente con il nostro piano.