Portfolio drift: cos’è e perché può cambiare il tuo portafoglio senza che tu te ne accorga
14/10/2025
Tempo di lettura 4 min
14/10/2025
Tempo di lettura 4 min
Quando si parla di investimenti, quasi tutta l’attenzione è concentrata sul momento iniziale: scegliere la giusta asset allocation, costruire il portafoglio, definire obiettivi e orizzonti temporali.
Ma pochi parlano di ciò che succede dopo: il portafoglio cambia da solo nel tempo. Anche se non tocchi nulla.
Questo fenomeno ha un nome preciso: “portfolio drift”, o deriva del portafoglio.
Il drift è semplicemente lo scostamento tra la composizione originaria del portafoglio e quella attuale, dovuto all’andamento dei mercati.
Alcuni asset crescono più di altri, e di conseguenza il peso relativo delle varie componenti cambia.
Un esempio classico:
Immagina un portafoglio composto per il 70% da azioni globali e per il 30% da obbligazioni.
Dopo qualche anno di forte crescita azionaria, quella parte può diventare 80% azioni e 20% obbligazioni, anche senza che tu abbia fatto alcuna operazione.
Nella pratica, ti ritrovi con un portafoglio più rischioso di quello che avevi scelto in partenza — magari senza neppure accorgertene.
Un portafoglio sbilanciato può:
Aumentare la volatilità complessiva, esponendoti a drawdown più profondi in caso di crisi;
Allontanarsi dal tuo profilo di rischio originale, costruito per i tuoi obiettivi e la tua tolleranza;
Alterare la traiettoria del piano finanziario nel lungo periodo.
E non si tratta solo di rischio:
un portafoglio che si allontana troppo può diventare meno efficiente anche in termini di rendimento atteso per unità di rischio.
Il primo passo è accorgersene.
Non serve controllare ogni giorno (anzi), ma è utile:
fare un check almeno annuale della composizione effettiva del portafoglio;
confrontarla con quella target stabilita all’inizio;
valutare lo scostamento percentuale di ciascuna asset class.
Una semplice regola pratica usata da molti investitori: se il peso di un’asset class si discosta di oltre ±5% rispetto al target, è il momento di intervenire.
Il ribilanciamento è l’atto di riportare i pesi alla loro composizione originale, vendendo parte di ciò che è cresciuto di più e comprando ciò che è rimasto indietro.
Ad esempio:
Azioni globali cresciute dal 70% all’80%? Vendi una parte e reinvesti in obbligazioni.
Obbligazioni scese al 20%? Ribilanci per riportarle al 30%.
È un gesto contrarian per definizione: vendi ciò che è salito, compri ciò che è sceso.
Ma proprio per questo è uno strumento potente per mantenere disciplina e controllo del rischio.
Non esiste un’unica ricetta. In generale, ci sono due approcci:
Ribilanciamento periodico
Esegui un controllo e un eventuale ribilanciamento a intervalli regolari (es. una volta l’anno).
Ribilanciamento per soglie
Intervieni solo quando un’asset class supera una certa deviazione rispetto al target (es. ±5%).
Puoi anche combinare i due metodi: controllare una volta l’anno e intervenire solo se gli scostamenti superano le soglie.
Ribilanciare non significa “fare trading”: si tratta di una manutenzione ordinaria del piano d’investimento.
Detto questo, è importante tenere conto di:
Costi di transazione e spread, per non erodere il rendimento;
Effetti fiscali, perché vendere può generare plusvalenze e tassazione (o minusvalenze da compensare);
Opportunità di ribilanciare attraverso nuovi flussi di risparmio, evitando così vendite inutili.
In molti casi, infatti, puoi ribilanciare semplicemente investendo nuove somme nella parte che si è ridotta, senza vendere nulla.
Il drift è invisibile, ma reale.
Ignorarlo significa accettare inconsapevolmente un portafoglio diverso da quello scelto — spesso più rischioso.
Ribilanciare periodicamente è uno degli strumenti più semplici ed efficaci per:
mantenere coerenza con i tuoi obiettivi;
controllare il rischio;
migliorare la tenuta del piano nel tempo.
Non serve fare mille operazioni: basta un controllo ragionato e qualche intervento mirato.
E ricordati: la strategia non è solo costruire bene, ma anche mantenere bene.