Quanto ti resta davvero in tasca (dopo le tasse)
07/10/2025
Tempo di lettura 5 min
07/10/2025
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Quando si parla di investimenti, la maggior parte delle persone guarda una sola cosa: il rendimento.
Ma quello che davvero conta non è quanto guadagni “sulla carta”, bensì quanto ti resta in tasca, netto, dopo le tasse.
La tassazione è una di quelle parti dell’investimento che tutti preferirebbero ignorare, ma che fa una grande differenza nel tempo. Capirla non significa diventare esperti di diritto tributario: basta conoscere le regole base per evitare errori e prendere decisioni più consapevoli.
In Italia i rendimenti finanziari vengono tassati in due modi principali:
Redditi da capitale, cioè gli interessi, i dividendi o i proventi periodici che un investimento genera (le cedole di un’obbligazione, i dividendi di un’azione, i proventi distribuiti da un fondo o ETF).
Redditi diversi, cioè le plusvalenze, ovvero i guadagni che ottieni quando vendi un titolo a un prezzo più alto di quello di acquisto.
Su entrambe le categorie, nella maggior parte dei casi, si applica un’aliquota del 26%.
Fanno eccezione alcuni strumenti, come i titoli di Stato italiani o di Paesi in “white list”, tassati al 12,5%.
A questo si aggiunge l’imposta di bollo dello 0,2% annuo sul valore complessivo degli strumenti finanziari detenuti. È una tassa “silenziosa”, ma che nel tempo incide, soprattutto su patrimoni consistenti.
È una delle prime scelte pratiche quando si apre un conto titoli o una piattaforma d’investimento.
Nel regime amministrato, è la banca (o il broker) a occuparsi di tutto: calcola le imposte, le trattiene e le versa allo Stato. Tu vedi già il rendimento netto.
Nel regime dichiarativo, invece, devi occupartene tu tramite la dichiarazione dei redditi (o tramite il commercialista). È più flessibile, ma anche più complesso.
Per la maggior parte dei risparmiatori, il regime amministrato è la scelta più semplice e sicura.
Il dichiarativo ha senso solo se gestisci portafogli complessi o vuoi compensare minusvalenze su conti diversi.
Tutti rientrano nello stesso quadro, ma con alcune differenze importanti:
ETF armonizzati (quasi tutti quelli quotati in Europa):
I guadagni (plusvalenze e proventi) sono redditi da capitale, tassati al 26%.
Le perdite da vendita, invece, sono redditi diversi.
Di conseguenza, non puoi compensare direttamente minusvalenze con i guadagni degli ETF, ma puoi usarle per ridurre plusvalenze su azioni, obbligazioni o certificati, che generano anch’essi redditi diversi.
Fondi comuni d’investimento:
Funzionano in modo simile agli ETF armonizzati. La società di gestione si occupa del calcolo e del versamento delle imposte sui proventi. Anche qui, guadagni = redditi da capitale.
Azioni:
Le plusvalenze (vendita a prezzo superiore al costo d’acquisto) sono redditi diversi e possono essere compensate con minusvalenze precedenti, entro 4 anni.
Obbligazioni:
Gli interessi sono redditi da capitale; le plusvalenze da vendita sono redditi diversi.
Anche qui, i titoli di Stato italiani e “white list” godono dell’aliquota ridotta al 12,5%.
Le minusvalenze sono le perdite realizzate quando vendi un titolo in perdita.
Non sono piacevoli, ma possono tornare utili: infatti, possono essere compensate con future plusvalenze della stessa categoria (redditi diversi), entro 4 anni.
Esempio: se perdi 1.000 € vendendo un’azione, potrai recuperare quella perdita compensandola con una futura plusvalenza su un’altra azione, un’obbligazione o un certificato.
Non potrai invece usarla contro un guadagno da ETF armonizzato, perché quello rientra nei redditi da capitale.
Nel regime amministrato, la banca tiene automaticamente traccia di minus e plus; nel dichiarativo, devi occupartene tu.
Fare efficienza fiscale non significa “cercare scappatoie”, ma conoscere le regole e usarle a proprio vantaggio.
Alcuni principi pratici:
Scegli il regime più adatto a te: amministrato se vuoi semplicità, dichiarativo se gestisci più conti o strategie particolari.
Tieni d’occhio le minusvalenze: scadono dopo 4 anni, e buttarle via è come regalare soldi.
Valuta la fiscalità prima di investire: due strumenti simili possono avere trattamenti molto diversi.
Evita troppa frammentazione: concentrare i tuoi investimenti su pochi intermediari rende tutto più chiaro e gestibile.
Capire come funziona la tassazione non è un dettaglio tecnico, ma una parte del processo di investimento.
Ignararla significa rinunciare a una parte del rendimento.
Perché alla fine, ciò che conta non è quanto guadagni, ma quanto ti resta realmente in tasca.